Ciascuno di noi, quando pensa, decide o agisce, procede per semplificazioni, preconcetti e analogie. Accade così anche quando negoziamo. È come se ci mettessimo un cappello in testa che ci aiuti a entrare in una metafora dove la complessità del reale appare più semplice e quindi “gestibile”.
Di cappelli ce ne sono a centinaia: quello del “so io come si fa…”, dell'”arbitro”, del “giusto”, del “buon padre di famiglia”, del “freddo calcolatore”, dello “squalo”, della “prima donna”, del “seduttore”, del “militare in missione”, del “cavaliere bianco”, del “cavaliere nero”. C’è chi addirittura si trova a proprio agio a indossare quello della “vittima”…
La cattiva notizia è che spesso ci mettiamo uno (o più) cappelli in testa senza accorgercene.
- scegliere il cappello che ci è più utile
- riconoscere quello che sta sul capo di chi abbiamo di fronte
Ogni cappello è una metafora che decidiamo di abitare. Da esso dipende
- il linguaggio che utilizzeremo
- cosa vedremo
- cosa non vedremo
- metafora della GUERRA (con le sue varianti: metafora degli SCACCHI e metafora del CALCIO)
- metafora del TEATRO
- metafora del MATRIMONIO
Tu, che cappello hai in testa quando negozi?