Quante parole prese dal linguaggio della guerra hai sentito usare in negoziazione (o ti sei accorto di usare tu stesso)?
Mi vengono alla mente:
- dobbiamo schierare le nostre persone migliori
- fanno il gioco pesante, chiediamo una tregua
- abbiamo centrato l’obiettivo
- è una battaglia, li abbiamo massacrati…
- li teniamo sotto assedio
- abbiamo ancora qualche cartuccia
- dobbiamo stare in guardia
- hanno scatenato una guerra sui prezzi
- così distruggono il mercato
- poliziotto buono, poliziotto cattivo
C’è poi chi, invece alla metafora della guerra, preferisce una sua variante meno cruenta: gli scacchi, che sono il gioco della guerra nella sua essenza:
- li teniamo in scacco
- si sono arroccati
- si muovono bene sulla scacchiera
- dobbiamo fare la mossa del cavallo
- è solo una pedina (nota: il termine corretto sarebbe pedone, ma spesso chi ama la metafora scacchistica non gioca a scacchi, ma vi assicuro che dicendo “pedina” intende riferirsi al pezzo chiamato “pedone”)
E per finire, scorriamo una ulteriore variante: il calcio!
- è stato un autogol
- sono ormai in fuorigioco
- lo lasciano sempre in panchina
- dopo l’incontro dobbiamo fare un po’ spogliatoio
- siamo ormai ai tempi supplementari
- è un po’ un colpo di testa
- ci vuole un arbitro che fischi ogni volta che….
- li abbiamo presi in contropiede
Le varianti del gioco della guerra sono molte: oltre a scacchi e calcio, c’è chi ama la metafora della caccia,, della pesca, della lotta, della boxe, del pocker, dell’ippica…
La cosa importante da tenere presente è che nel momento in cui ci accorgiamo di essere dentro a una di queste metafore, siamo già caduti in un gioco a somma zero.
Ci stanno portando in GUERRA, che sappiamo essere il terreno della non-negoziazione [Cfr. #9]
Stiamo dicendo addio al massimo Risultato* che avremmo potuto ottenere negoziando.