Ho provato a cercare cosa non stia funzionando nel caso Brexit.
Ho trovato tre cose che, a mio parere, possono essere di ispirazione per tutti coloro che si occupano di negoziazione:
- Non metterti in una negoziazione complessa senza esserti ben allineato al tuo interno
- Non disdettare mai un contratto senza avere un piano B
- Non fossilizzarti sulla coerenza al passato, ma sulle opportunità future.
Sul punto 1, relativo all’essere ben allineati all’interno della propria squadra (o azienda, famiglia, paese…), basta rileggere bene cosa chiedeva esattamente il quesito referendario al popolo britannico.
“Should the United Kingdom remain a member of the European Union or leave the European Union?».
Domanda di una chiarezza esemplare, che sembra direttamente tratta dal brano dei Clash (inglesissimi pure loro) Should I stay or should I go? Resto o me ne vado?”
Domanda semplice, cui gli inglesi potevano rispondere scegliendo una delle due altrettanto chiare alternative:
- Remain a member of the European Union
- Leave the European Union
Voglio restare. Voglio andarmene dalla UE. .
Non è stato chiesto ai britannici se volessero “restare ma rinegoziando certe condizioni...”. Oppure se volessero “uscire, ma mantenendo certe prerogative…”.
Altro punto: il referendum (in cui ci si è trovati spaccati su un 48% di restiamo contro un 52% a favore dell’usciamo) era di tipo consultivo, non attuativo.
Al popolo britannico si chiedeva solo un’opinione, senza alcun obbligo di attuazione. La decisione finale, in modo del tutto autonomo, spettava al Parlamento inglese dove, tra l’altro, tre quarti dei membri erano inizialmente a favore del remain.
Ma dov’era quindi l’allineamento interno rispetto alla decisione di uscire dalla UE?!? Che tipo di appoggio interno pensava di avere il Regno Unito, con il popolo e il parlamento entrambi spaccati su posizioni contrapposte e senza aver chiarito le condizioni a cui attuare l’uscita?
Sul punto 2 relativo all’importanza dell’avere un piano B prima di mandare disdetta a un qualsiasi contratto, teniamo presente che:
- Ogni paese che entra nella UE firma un contratto, detto Trattato di Ingresso, con tutti gli altri stati membri. (La copia del contratto dell’Italia sta in un archivio alla Farnesina)
- Come qualsiasi contratto, c’è una clausola di recesso che stabilisce cosa accade se uno stato membro vuole uscire.
- Nel caso UE, la procedura di uscita stabilisce un periodo di due anni dalla richiesta di uscita per negoziare eventuali condizioni particolari, dopodiché, in assenza di ulteriori accordi, si esce e basta.
Il marito chiede alla moglie: “Cara, giusto per parlare, cosa ne pensi se cambiassimo casa?” La moglie: “Non saprei… Ma si, forse cambierei…”. Il giorno dopo il marito scrive al padrone di casa e manda il recesso al contratto d’affitto. Poi gli viene in mente che tra un paio di mesi saranno in strada. Conviene sbrigarsi a trovare un altro appartamento. E poi c’è da organizzare il trasloco… Se almeno gli lasciassero un po’ più di tempo… Almeno il garage per lasciare qualche mobile ingombrante intanto che…
Il marito chiede alla moglie: “Cara, giusto per parlare, cosa ne pensi se cambiassimo casa?” La moglie: “Non saprei… Ma si, forse cambierei…”. Il giorno dopo il marito scrive al padrone di casa e manda il recesso al contratto d’affitto. Poi gli viene in mente che tra un paio di mesi saranno in strada. Conviene sbrigarsi a trovare un altro appartamento. E poi c’è da organizzare il trasloco… Se almeno gli lasciassero un po’ più di tempo… Almeno il garage per lasciare qualche mobile ingombrante intanto che…
Se il piano A, evidentemente, era uscire ma solo a certe condizioni, siamo sicuri che uscire e basta (senza nessun accordo particolare) sia un piano B accettabile per il popolo britannico?!?
Sul punto 3 delle opportunità future, è vero, non sappiamo ancora come andrà a finire tutta la questione e sappiamo esserci ancora il modo di girare questa negoziazione in una negoziazione di successo…
Una cosa è certa però. Negoziare significa ridistribuire le risorse in modo che, alla fine, entrambe le Parti abbiano ottenuto maggiore valore rispetto a prima.
L’unica domanda che si dovrebbe fare oggi ciascuna delle due Parti (UE e UK) è se, indipendentemente da tutto ciò che è stato detto o fatto nei mesi scorsi, l’altra Parte costituisca ancora un’opportunità e, in caso affermativo, cosa si è disposti a rinunciare per averla?
Una Londra più isolata da una UE indebolita dalla perdita dello UK, è davvero una situazione migliore di quella pre-referendum?!?
Guardiamo alle opportunità. Al futuro. Sempre.
Anche se i cavalli britannici, a volte, scalciano.